sabato 28 maggio 2016

Il riassunto come esercizio

Leggendo un post in un blog di un personaggio famoso mi sono ritrovato a riflettere su un esercizio importante e sempre presente nella mia istruzione scolastica: il riassunto. È da un po' di tempo che noto nei compiti assegnati ai ragazzi più o meno piccoli ma comunque in età scolastica la mancanza  del riassunto, e mi chiedo: come si fa a perdere quell'importante esercizio che serve ai più giovani per sviluppare da adulti il loro senso di sintesi? perché in vista della loro preparazione alla vita la scuola trascura questo metodo fondamentale? 
Sintetizzare, possibilmente in un limitato numero di parole, è fondamentale per capire e poi far capire all’insegnante quanto e cosa si è capito di un argomento. Il riassunto va inteso come esercizio di igiene mentale, una spremuta salutare di pensiero: suggerire un compito a casa del genere è utile ad ogni età, capire il significato di un argomento e trarne il succo, rileggere e togliere ogni vocabolo non indispensabile, perché a volte tutto ciò che non è indispensabile non solo è superfluo ma risulta spesso dannoso (un po' quello che faccio io nei miei post). Ma se la scuola se ne dimentica, dall'altro lato mi conforta che i ragazzi di oggi conoscono, forse più di noi, l'importanza della rapidità di comunicazione, il peso dei vocaboli e le abbreviazioni: una parola sbagliata su whatsapp può rovinare una serata, un'amicizia o un amore....

mercoledì 25 maggio 2016

Regimental, le righe che fanno l’uomo elegante

Tutto ebbe origine il 4 luglio 1845 a Londra presso il Blenheim Hotel in Bond Street, durante il pranzo tenuto dopo il match annuale di cricket sostenuto dalla squadra della Harrow School contro quella di Eton; pranzo al quale parteciparono quattro studenti di Cambridge, che decisero di dar vita a un club che nelle loro intenzioni avrebbe dovuto promuovere lo spirito del cricket amatoriale.
Il club, che ebbe il nome I Zingari e che non ebbe mai un campo di gioco proprio divenne ben presto il più forte del XIX secolo.
I colori scelti per il nuovo club, che apparvero subito sul caratteristico berrettino usato dai giocatori – una specie di zucchetto dotato di una piccola visiera – furono il nero, il rosso e l’oro, che simboleggiavano il motto adottato dal club «Out of darkness, through fire, into light» ovvero «Fuori dalle tenebre, attraverso il fuoco, nella luce».
Pian piano questi colori furono adottati anche per il blazer e per il nastro che avvolgeva il classico boater – la nostra cara vecchia “paglietta” – indossati dai membri del club durante gli incontri e costituirono così il primo esempio in assoluto di quelle che sarebbero in seguito divenute le School Ties, a loro volta genitrici delle cravatte regimental.
Siamo così giunti al 1880, anno in cui apparve quasi per caso la prima School Tie, la cravatta scolastica: i membri del club di regate dell’Exeter College di Oxford tolsero infatti il nastro rosso e nero, i colori del college, che ornava il boater e lo annodarono al collo a mo’ di cravatta lunga. Quando tutti gli studenti del college indossarono questa cravatta, i cui colori sono ancora oggi gli stessi, nacque la moderna cravatta scolastica e da quel momento vi fu un fiorire di cravatte scolastiche, di club e di squadre di atletica tanto che alcune scuole ne adottarono addirittura diverse per i gradi e le specializzazioni degli alunni e per i laureati.
Questo tipo di cravatta riscosse man mano un enorme successo tra gli appartenenti della middle-class vittoriana cosicché in breve tempo non vi fu associazione civile o sportiva o club di gentiluomini che non ebbe la propria cravatta con i colori sociali.
L’esercito britannico non fu ovviamente da meno, differenziando i vari reggimenti ne soppresse il colore distintivo che ognuno di essi portava con orgoglio da secoli sul colletto e sulle manopole della giubba, sostituendoli con soli tre colori che ne indicavano ora l’origine territoriale: il bianco per i reparti inglesi e gallesi, il giallo per i reparti scozzesi e il verde per i reparti irlandesi, ai quali si aggiunse il blu per le Guardie e per i reggimenti Reali, quelli per intenderci il cui nome era preceduto dai titoli Royal, King’s, Queen’s o Prince of Wales’s Own. Nacquero finalmente quelle che noi conosciamo col nome di Regimental Ties, sulle quali trovarono posto il colore di fondo dell’uniforme, quello delle mostreggiature, quello dei bottoni o di altri riferimenti alle tradizioni reggimentali, conquistati in tre secoli di guerre sui campi di battaglia di tutto il mondo.
Tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale la cravatta regimental assunse un tale potere e prestigio da far dire a Bruce Boyer, storico americano della moda, che quella fu un’epoca in cui, in Inghilterra, incontrando qualcuno «non gli si doveva stringere la mano prima di aver verificato i colori della sua cravatta».
In realtà tale prestigio è sopravvissuto fino a oggi – anche se da qualche decennio, per poterle acquistare, non occorre più esibire le prove di appartenenza a quel tale reggimento come avveniva in passato – e quindi nel visitare le isole britanniche, per evitare imbarazzanti situazioni, non è consigliabile indossare i colori e le strisce di una organizzazione alla quale non si appartiene: nonostante il loro proverbiale humour, gli inglesi non scherzano affatto sulle proprie tradizioni.
A rafforzare l’attenzione riservata alle regimental, se ancora ce ne fosse bisogno, concorre il Principe del Galles, icona dell’eleganza maschile, che indossa abitualmente, a rotazione, le cravatte dei tanti reggimenti ai quali appartiene. Come abbiamo avuto modo di sottolineare oggi la vendita delle cravatte regimental è stata “liberalizzata” e chiunque ne può acquistare una direttamente in Inghilterra oppure in rete rivolgendosi ai numerosi siti che le vendono: le uniche rimaste inaccessibili sono quelle appartenenti ai Clubs privati, soprattutto quelli londinesi, riservate esclusivamente ai soci.
              
   

domenica 22 maggio 2016

Ciò accade a Peggio Calabria

Leggo sui social e sulle testate locali della soppressione di un toro (dalle foto mi sembra un vitello) assassinato con 7 colpi di pistola dopo essere stato chiuso in un angolo di un cortile del Consiglio Regionale (secondo loro, lontano da occhi indiscreti) e soprattutto dopo averlo rincorso giocando alla corrida per le vie della città. Ci sono dei corpi statali preposti al controllo di queste emergenze che avrebbero dovuto addormentarlo a maggior ragione dopo averlo condotto in un luogo lontano dalla popolazione. Credo che possa essere stata una trovata di qualcuno che ha liberato un toro per protesta o per dimostrazione, e la risposta delle istituzioni è stata quella di dover dare un segnale uccidendolo, tipico delle dinamiche mafiose cui troppo spesso stiamo assistendo. Significativo anche il luogo dell'agguato: la sede di un ambiente politico, come per dire "a casa mia faccio quello che voglio". Non è fantascienza... siamo a PEGGIO CALABRIA!!!


domenica 15 maggio 2016

Lagavulin, un amore a primo assaggio

Tra i distillati che preferisco una menzione particolare va ad un eccezionale whisky torbato: il Lagavulin 16 years old. La felice terra Scozzese ha differenti zone di produzione e questo whisky proviene dalla piccola isola di Islay, situata al largo della costa occidentale della Scozia. I whisky di Islay sono i più torbati dell’intera produzione, con distinte note iodate e, talvolta, medicinali. La distilleria Lagavulin, situata in una stupenda baia e vicina a quella del “cugino” Laphroaig, è operativa dal 1816 e vanta pochi imbottigliamenti, tutti di elevata qualità: il nome significa "il mulino della piccola valle".  Personalmente questo whisky mi ha abbagliato. Non nascondo che è uno dei miei preferiti oltre ad essere il primo Single Malt che incontrai diversi anni fa. Fu amore a primo assaggio, un sodalizio continuato negli anni dato che posso dire di averlo degustato in infinite occasioni. Tuttora lo bevo con frequenza,  anche se i miei assaggi sono caratterizzati da eccessiva moderazione. Odore salmastro e di alga marina. Fumoso  e torbato, con una punta di vaniglia e un sottile velo di dolcezza, all’olfatto comunica sensazioni uniche. Fumo e torba molto evidente, irrinunciabile, invadono poi anche il palato. E’ elegante, sottile, pervade chi lo assapora in un’estasi di potenza. Successivamente si colgono note più dolci, come marmellata d’arancia, sherry e un retrogusto salmastro, iodato.                       
                             
Accanto al classico 16 y.o. e al 12 y.o rilasciato annualmente, esiste anche un altro whisky: il Distiller’s Edition. Questa espressione è considerata unanimamente una delle migliori al mondo come whisky con finishing in botti di vino. Nel caso specifico, per il Lagavulin Distiller’s Edition vengono impiegate botti di Sherry Pedro Ximenez. Sostanzialmente si tratta di un malto base di 16 anni che subisce un ulteriore affinamento per alcuni mesi. Le Distiller’s Edition esistono anche per altri Classic Malts Diageo quali Oban, Cragganmore, Talisker, Dalwhinnie, Clynelish e Caol Ila. L’affinamento avviene sempre in botti attentamente selezionate e, ogni distilleria, impiega quelle del tipo di vino che ritiene più appropriato. Il Distiller's Edition non è “puro” come il 12 o suadente come il 16 y.o. ma, piuttosto, sembra un connubio dei due: da un lato si rinviene una torba molto elegante, una fumosità delicata e un delizioso profumo di brezza marina, dall’altra frutta matura come melone giallo e frutti rossi ben integrati. Dimostra di essere notevole, con la torba che si evolve e cresce con il passare dei minuti, venendo accompagnata da un substrato dolce. Le note sherried si attenuano in favore del malto classico e possente di Lagavulin: lungo e intenso con fumo da camino spento, bacon, pepe e frutta matura quali arance e melone. Sublime!

mercoledì 4 maggio 2016

" 'NTA 'STU PAISI 'NC'ESTI SULU 'A PIRIA "

Tra le citazioni riportate in questo blog non poteva mancare la poesia dialettale di Nicola Giunta, un poeta reggino degli anni passati che descriveva con grande dovizia di particolari, pregi e difetti la società e l'ambiente in cui viveva....
              

'Nta 'stu paisi 'nc'esti sulu 'a piria,
'a strufuttenza fissa, a 'grandi bboria;
n'ta 'stu paisi cunta sulu a 'mbiria,
pirciò non sunnu tutti chi cicoria...

Erba nana ed amara, erba pirduta:
senza mâ provi, 'a ggiùrichi â viruta;
e cca, sarbu a carcunu di ll'affritti,
su' tutti storti ammanicati ddritti!

Nani su' iddi e vonnu a tutti nani;
nci vannu terra terra, peri e mmani;
e, pâ malignità bbrutta e superba,
cca non crisci chi erba, erba, erba...

Arburi?... Si ccarcunu 'ndi sciurisci,
'nci minunu petrati non mmi crisci...
Arburi, nenti!, comu all'âtri baandi,
ch'unu s'asciala chi mmì viri randi!...
Ambatula tu fai.. Rresti cu 'ngagghiu...
Si senti sempri chi 'nc'è fetu d'agghiu...
Cca 'a fortuna non varda a ccu' s'annaca,
ma passa ammenzu all'erba mi 'nci caca...

Paisi d'erba i ventu' e non di pianti:
va facitila a 'n culu tutti quanti!
Si 'nc'esti 'nu cartellu aundi rici:
“Sti 'ggenti tra di iddi su' nnimici!”

Nimici i cui? Oh, frabbica di storti!
Sunnu sulu nimici da so' sorti!
Nimici d'iddi stessi pi ppuntiggiu,
e i cchiù fissa dû mundu sunnu a Rriggiu!

(Nicola Giunta)

domenica 1 maggio 2016

Bacc'ademia al suo decollo

Sono passati quasi due anni da quando un gruppo di quattro amici, dopo un corso di avvicinamento al vino, decisero di costituire una associazione culturale di degustazione enogastronomica denominata Bacc'ademia.
            
         
 E da lì partirono una serie di incontri abbastanza ristretti in location improvvisate che, a parte deliziare i palati con degustazioni di vini eccellenti e accompagnamenti prelibati, ha visto accrescere il numero dei partecipanti a beneficio di un aumento del livello di confronto enogastronomico e di un maggiore proliferare di relazioni sane e sincere: lo scopo dell'iniziativa si stava dunque concretizzando.
Nel corso di queste esperienze abbiamo degustato vini di cantine eccellenti, fra questi una menzione particolare ai veneti della Valpolicella o ai Piemontesi passando dai conosciutissimi Toscani, senza disdegnare i nostri Calabresi o Siciliani, così come Pugliesi ed Abruzzesi. Ognuna delle serate prevedeva una degustazione a tema: come dimenticare gli ottimi Amaroni assaggiati, quello della Cantina Zeni fu il primo, poi Allegrini, Tommasi, Grassi, Bertani, Masi e Quintarelli; oppure i vari Nebbiolo, Barbera, Barbaresco e Barolo; gli eccellenti distillati, i passiti o le famose bollicine, italiane e francesi?
Alcuni di noi abbiamo intrapreso anche un corretto approfondimento della materia con il corso Sommelier AIS, altri abbiamo visitato cantine e vigneti, tutti ci siamo enormemente appassionati.
Da quei primi momenti, grazie anche ai social, Bacc'ademia si è fatta conoscere, ha partecipato ad alcuni eventi, comincia ad essere una bella realtà nel panorama dell'approfondimento  enogastronomico, tutto ciò senza dimenticare gli obiettivi prefissati e quindi di continuare ad essere un piacevole circolo in cui poter soddisfare le curiosità e i piaceri di tutti noi singoli appassionati. Negli ultimi tempi abbiamo organizzato eventi allargati alle famiglie per poter godere appieno di questi momenti di condivisione, ma di questo ne riparlerò più avanti....