domenica 30 agosto 2015

Omaggio al "mio" capitano!



Possiamo parlare di Helenio Herrera e dei suoi ragazzi, Picchi, Corso, Suarez, Mazzola e di capitan Facchetti, ma la "mia" leggenda Inter è quella del mitico Mourinho e della sua banda con Zanetti in testa, il "mio" capitano.

"Ma... Chi è quel ragazzino con la maglia numero quattro? Prendiamolo". Massimo Moratti, neo presidente dell' Inter se ne innamora subito, stregato da quel fenomeno che salta gli avversari in slalom: era un certo Javier Zanetti, arrivato in Italia, si narra, all'ombra di un certo Rambert, e il petroliere milanese ne fa il suo primo acquisto. Un treno su e giù per quella fascia, instancabile, generoso, un combattente nato. Imprendibile in progressione. Quel "ragazzino" sarebbe poi diventato un mito, una leggenda per il popolo nerazzurro...

Vent'anni fa il suo esordio in Serie A, il 27 Agosto 1995 per la precisione. Subito titolare a 22 anni e la maglia nerazzurra che diventa la sua vita e la sua storia. Da allora non ha più smesso di giocare negli undici iniziali: 858 presenze con l'Inter. Maglia numero 4, voto in pagella spesso 8, padrone della fascia destra, ma in grado di giocare anche a sinistra e da interno (rendimento assicurato). Soprattutto beniamino indiscusso dei tifosi interisti per 19 anni, e tutt'ora padrone assoluto dei cuori nerazzurri da vicepresidente.

Mascellone, gambe alla Rummenigge, mai una parola fuori posto. E poi l'incedere travolgente ma il piede educato, le caviglie che sembravano rotanti ma spesso la giocata semplice. Le scorribande, le sfuriate, le folate... insomma le azioni alla Zanetti, il " Trattore". Capitano sempre pettinato, interista totale. Se un infortunio non lo avesse frenato, probabilmente avrebbe giocato mille partite con la maglia dell'Inter. Ma qualche record lo ha fatto lo stesso...: giocatore interista con più presenze in assoluto, straniero con più presenze in Serie A, ma soprattutto capitano nerazzurro più vincente della storia con ben sedici trofei.  

Ed io ero lì quella sera del 22 Maggio 2010 al Bernabeu quando alzò al cielo quella Coppa Campioni che ha consacrato lui e la "nostra" Inter. 


lunedì 24 agosto 2015

L'eleganza non la compri

Ricordati che: puoi vestirti dal miglior sarto; puoi mangiare le pietanze più squisite e avere cantine preziose; far parte dei salotti più esclusivi del mondo, permetterti automobili sportive e “amicizie giuste”; puoi viaggiare ogni settimana e recarti a Londra, Parigi ed altre capitali europee e internazionali per fare shopping e visitare i luoghi culto.
Ma quando parlerai e muoverai ogni tuo muscolo, se non sarai un’animo elegante – intriso di umiltà, cultura, buongusto e soprattutto educazione – sarai sempre e soltanto un animale travestito da essere umano.
I “modi” fanno l’eleganza. Non il portafoglio né tantomeno l’abito.

venerdì 21 agosto 2015

Io e la Selva

In passato ho sempre seguito distrattamente il Palio di Siena, ma da circa 6-7 anni lo seguo con molta attenzione e partecipazione. Tutto ciò da quando un amico fraterno senese, Gianni, mi contagiò il suo entusiasmo e mi trasmise una grande simpatia per la sua contrada, la Selva. 
Il Palio è una manifestazione secolare che vede partecipare le 17 contrade senesi ad una gara equestre in Piazza del Campo. Ha origini nel 1200, anche se ha preso forma con la corsa dei cavalli nel 1600 circa man mano evolvendosi fino alla gara dei giorni nostri: viene organizzato 2 volte l'anno, a luglio dedicato alla Madonna di Provenzano e, quello più importante, ad agosto il famoso Palio dell'Assunta, dedicato all' Assunzione della Madonna. I festeggiamenti non si fermano qui, ma nella contrada vincitrice continuano fino ad ottobre con i famosi "cenini" della vittoria, ai quali quest'anno l'amico Gianni mi ha invitato essendo la Selva, con Tittia che montava il cavallo Polonski, vincitrice di quest'ultima edizione che gli ha permesso di raggiungere il primato di 5 Palio vinti dal 2000.
Da quando sono stato coinvolto da Gianni mi sono sentito un Selvaiolo d'adozione e quindi gioisco per questa vittoria...

mercoledì 19 agosto 2015

L'invasione barbarica

Stiamo subendo una colonizzazione barbarica, e i nemici che ci attaccano non sono stranieri bensì coloro che dovrebbero salvaguardare gli interessi della nostra nazione, quei ladri seduti in parlamento che si riempiono le tasche con i contributi che l'Europa ci manda pur di accogliere queste ondate di profughi: ed hanno sulla coscienza migliaia di cadaveri. Inoltre vengono alimentati quei criminali che gestiscono questo traffico, mentre noi ci ritroviamo invasi da poveri cristi che vagano per le nostre strade, non rischiano nulla e quindi pericolosissimi, protetti dalla nostra politica, accuditi come se fossero una risorsa per il Paese ed al contempo migliaia di famiglie italiane sono ridotte al lastrico, allo stremo, alla fame, gente che si suicida perché non riesce a sfamare i propri figli: e quei bastardi fingono di lavorare per risollevare le sorti della povera Italia. Bisogna invertire la rotta, bisogna fermare gli sbarchi. E per fermarli c’è un solo modo: abolire gli aiuti economici ed intervenire in Libia, organizzare là i campi di accoglienza, rimandare a casa quelli che non sono profughi e dunque non hanno diritto di essere ospitati da noi, e far arrivare in modo civile (non su barconi, non trattandoli come bestie) quelli che hanno diritto di essere ospitati da noi. Metterli nelle condizioni di essere produttivi, e chi non intende lavorare trattarlo come indesiderato ed espellerlo. Dicono che ciò sia difficile perché la Libia è instabile, ma questo perché è stata bombardata quando era stabile, e anche se Gheddafi combinava un sacco di guai almeno non lasciava campo libero a scafisti e mercanti di morte: ma se in poche ore si è riusciti a organizzare i bombardamenti e a buttare giù Gheddafi, possibile che in mesi e mesi di trattative, conciliaboli e riunioni degli alti vertici europei e mondiali non si riesca a trovare il modo per fermare il traffico di essere umani? Ma perché non fare un barcone stracarico dei nostri politici e fargli fare il percorso inverso? Stiamo assistendo ad una delle pagine più brutte della nostra storia recente... e siamo solo all’inizio… perché nel mondo si parla di andare a cercare gli extraterrestri, come se non bastassero tutti questi altri extra... 

lunedì 17 agosto 2015

Il Royal Warrant, tradizione e esclusività

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L’idea che sta dietro al Royal Warrant è tanto antica quanto la monarchia inglese: sin dall’inizio, qualsiasi oggetto fosse destinato “all’uso regale” – dagli abiti alle corone, dalle marmellate ai prodotti per la pulizia – doveva essere della massima qualità. Il re poteva permettersi di ordinare le creazioni degli artigiani più stimati, essere sempre il primo ad ottenere i servizi e i prodotti più esclusivi e ambiti del regno, non doveva certo risparmiare… Ma la corte non era l’unica a trarre vantaggio da questo sistema: per commercianti e artigiani fregiarsi del titolo di fornitore della famiglia reale era motivo di orgoglio e anche di sicura fama. Significava procurarsi un vantaggio rispetto ai concorrenti, suggerire ai clienti che i propri prodotti erano i migliori di tutto il regno.

Il primo riconoscimento di questo rapporto avvenne nel dodicesimo secolo, durante il regno di Enrico II e nella forma del Royal Charter: un documento in cui la Casa Reale annotava il nome dei suo fornitori ufficiali. Il Royal Warrant così come lo conosciamo noi fu invece introdotto dalla regina Vittoria che nei suoi 64 anni di regno ne rilasciò a circa 2000 fornitori.

I Royal Warrants sono conferiti a persone o compagnie che abbiano regolarmente, ed almeno per cinque anni consecutivi, fornito, con prodotti o servizi, un membro della Casa Reale.

Oggi i Royal Warrant possono essere concessi solo da tre membri della famiglia reale (Sua Maestà La Regina Elisabetta II, Sua Altezza Reale Il Principe di Edimburgo e Sua Altezza Reale Il Principe di Galles) e sono soggetti a regolare revisione. Ogni membro della famiglia Reale può conferire un solo Royal Warrant per ogni singola tipologia di prodotto o servizio. Esistono rigide norme che regolamentano e notificano i Warrants e sono tutelate da un’apposita Commissione, il Royal Household Tradesmen’s Warrants Commitee.

Il riconoscimento ha inizialmente una durata di cinque anni, trascorsi i quali viene sottoposto nuovamente alla Commissione la quale per altro si riserva il diritto di revocarlo ogni qualvolta vengano meno le garanzie e le motivazioni che la hanno indotta a concederlo. Ogni variazione della compagine della azienda e delle sue politiche distributive e produttive è quindi sottoposta a rigidi controlli.

Solo le aziende che hanno ottenuto questo riconoscimento possono utilizzare la dicitura “By appointment…” e mostrare le Royal Arms, ossia lo stemma reale, nella loro carta intestata e sui propri prodotti.


Sarà Buongiorno o Buonasera?

Qual è l’arco di tempo, nel corso di una giornata, durante il quale è corretto salutare con “buongiorno” e da quando decorre il periodo di tempo nel corso del quale è corretto salutare con il “buonasera”?
Buongiorno e buonasera sono i saluti caratteristici della prima e della seconda parte della giornata. Non è possibile definire nettamente il momento in cui si passa dall’uno e all’altro saluto. Dipende da abitudini individuali o regionali.

In Toscana per esempio ci si saluta con il buonasera già dal primo pomeriggio, in Sardegna dopo aver consumato il primo pasto, quale che sia l’ora.

Buongiorno e buonasera derivano ovviamente dalle locuzioni buon giorno e buona sera. Entrambe le formule di saluto sono attestate per la prima volta nell’italiano scritto trecentesco e nell’italiano colloquiale esistono anche le forme ridotte giorno e sera.

Ma comunque sia, secondo voi, sarà un Buongiorno o una Buonasera?